Luci
del buio è un romanzo dai toni narrativi affascinanti e inconsueti. In un tempo odierno, segnato dal vortice del nostro vivere quotidiano, dove “il cambiamento è l'unica cosa permanente e l'incertezza è l'unica certezza" - come affermava Bauman - questo racconto permette al lettore di immergersi in atmosfere, luoghi e dettagli per taluni aspetti desueti e di incantevole attrazione.
Ambientato nelle stanze di un castello di antica tradizione, Vladimiro è la voce narrante interna al romanzo. Persona emblematica e figura centrale del racconto egli è sia uno dei personaggi chiave che un testimone soggettivo dei fatti narrati. Figlio del conte Goffredo Loisi Marinelli e discendente di una nobile casata, in un’estate ricca di rimembranze emotive, Vladimiro ritorna alle proprie origini, rivisitando le stanze di quell’ antica casa dove è cresciuto e in cui ha vissuto parte della propria vita.
Vivace e ricco di personaggi che si alternano, il romanzo si rivela come una dosata miscela di suggestione e sentimento a tratti velato di episodi di drammatica veridicità umana.Le donne hanno un ruolo determinante nel romanzo.
La madre di Vladimiro, Eleonora, è una donna attenta e fedele ai valori della famiglia tradizionale; estremamente sensibile e orgogliosa, rinuncerà alla propria felicità relazionale, pur di non intaccare la crescita e la formazione dei propri figli. Livia è l’antagonista per eccellenza. Bella e determinata a portare comunque avanti la propria dimensione sentimentale, conoscerà comunque alcuni risvolti drammatici nel prosieguo della propria esistenza.
Lucilla è il grande amore di Vladimiro, una voce cristallina, raggiante, radiosa e cortigiana nello stesso tempo, che riesce a vivere intensamente la sua storia giorno dopo giorno.
Elettra, conosciuta ad una serata di beneficenza, riporterà al castello nuove emozioni sentimentali e un nuovo percorso di vita all’insegna dell’arte e della cultura.
E poi c’è lui. Don Peppino, uno dei personaggi cardine del romanzo. Il padre spirituale, colui che ha sempre parole giuste per rasserenare l’anima, un prete un po’ bizzarro, mai banale, a volte imprevedibile ed incomprensibile, con il suo dialetto napoletano con cui farcisce ogni discorso, onnipresente e indispensabile persona di riferimento per il protagonista.
Le luci, le atmosfere, le situazioni vissute emergono sempre più nitidamente dai tasselli della memoria.E soprattutto alcuni dettagli rivelatori contribuiscono a rendere il racconto orientante verso una risoluzione dei misteri che ombreggiano nella vita dei personaggi della storia: in particolare, sarà il ritrovamento di alcune lettere a portare alla risoluzione di alcuni eventi della vicenda narrata.
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Il romanzo si contraddistingue anche per la scelta inusuale dei colori delle stanze, così caratterizzanti: la stanza azzurra è adornata alle pareti con dipinti di pittori fiamminghi; due preziosi arazzi sono posti ai lati del camino su cui si poggia una scultura imperiosa. Davanti al posto destinato al croupier, in una cornice di mogano con un filo dorato nel bordo, campeggia una poesia-preghiera significativa.
La stanza rosa emana una luce particolare, un alone diffuso dal quale si intravede il volto della madre Eleonora in ogni suo angolo.
Quella azzurra è impreziosita da un parquet iroko che ha il colore caldo del legno africano. È un luogo che rievoca il suono del djembe, il tamburo a calice della Costa d’Avorio, ancora poggiato sull’angolo del
camino
La stanza rossa è dedicata al ricordo di Lucilla, ombra evanescente di un’anima volata via troppo presto, lasciando il suo corpo nel pieno della gioventù.
Poi la stanza nera è un luogo incredibile dove la luce non filtra neanche dai grossi scuri dell’unica finestra affacciata all’interno del giardino.
Quella biancaemette baluginii che alimentano i ricordi di Vladimiro: nel soffuso alone gli sembra ancora di scorgere il viso delle persone più care.
Infine la luce verde, quella più luminosa e splendente rispetto alle altre, con immagini ancora vive, che richiamano una dolcissima frase di madre Teresa di Calcutta: “Un figlio è il sorriso di Dio”, quei sorrisi che illuminano l’intero castello.
Le porte di queste stanze rappresentano degli usci del cuore per la voce narrante. Anche a distanza, il protagonista riesce ad aprirle ogni volta che desidera incontrare intimamente i propri affetti.
Luci del buio è presentato in forma di diario al passato, con la voce narrante che parla e introduce al presente.
Se il racconto diaristico è una forma prenatale di scrittura, chi scrive un diario è un autore che cerca soprattutto sé stesso. E c’è la convinzione che in questo racconto ci sia, da parte degli autori, anche la ricerca di un’esperienza di vita – romanzata - senza censura o revisioni.
Una scrittura istintiva, intima e misteriosa che non chiude un cerchio, ma ne apre molti altri. Mariangela Lando
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