Ho, infine, apprezzato molto la citazione del brano tratto dalla commedia di Edoardo De Filippo, “Vincenzo De Pretore”, di cui l’autore stesso fece una sintesi
poetica commovente ed efficace che implica una spiegazione del destino delle anime dei bambini mai nati.

Tutto ciò è contenuto nel personaggio di Don Peppino, napoletano verace nonostante i molti anni di “esilio” dalla sua terra d’origine.

Vanno poi sottolineate le considerazioni semplici ma efficaci del protagonista che, muovendosi su un piano realistico quanto intimo, non impongono,
ma lasciano intuire il desiderio di arrivare alla sublimazione di un’anima che ha saputo accettare una sorte amara per salvaguardare la salvezza della famiglia e
che, perciò, si staglia nel cielo della moralità in un’immobilità metafisica.

E’ anche il tentativo serio di un figlio di riscattare, agli occhi di un mondo che normalmente è portato a condannarla, l’anima del padre schiavo di sé stesso, dei suoi egoismi e dei suoi vizi, attraverso l’amore della moglie che, con la sua abnegazione, riesce a restituire un minimo di dignità al suo nome.

In parallelo si sviluppano storie identificative di personaggi che, a volte, quotidianamente ritroviamo, con le loro peculiarità, nella vita reale, che possono
destare, con la loro rievocazione, sentimenti di affettuosa pietà e di ammirazione.

E ancora storie di personaggi fuori del comune che vivono diversamente dai canoni tradizionali, operano scelte improbabili e costituiscono, forse, quella rara
“eccezione che conferma la regola”.

E, infine, storie di personaggi che, pur deprecabili, sono molto meno rari di quel che si possa immaginare e che, con i loro limiti e le loro assuefazioni al male,
sono esemplificativi di un certo tipo di umanità che sempre c’è stata e sempre ci sarà.

Gli autori, grandi amici da lungo tempo, condividono sensibilità poetica e narrativa, modo di pensare dovuto allo stesso tipo di formazione umana e spirituale
e quella straordinaria “anima napoletana” le cui corde vibrano come quelle di un’arpa accentuando la loro capacità espositiva e la totale reciproca
accettazione dell’altro, dei suoi modi, dei suoi tempi, della sua creatività.

Da tutto il libro emerge chiaro l’amore per i colori e per i suoni, il desiderio di descrivere una gran pace dorata, nonostante i drammi e i tormenti, la consapevolezza di un inesprimibile silenzio disteso su eventi svaniti da tempo di cui restano solo le schegge dei ricordi che tornano alla memoria a volte come onde d’una calma risacca, a volte come un’eco dolorosa.

Ritengo che questa mia nota debba interrompersi qui, senza entrare nel vivo della narrazione: la storia e i diversi personaggi che le danno vita devono essere
analizzati pian piano dai lettori cui non si deve togliere il piacere della scoperta né influenzarne la valutazione.

 

Novella Capoluongo Pinto